Parabeni, cosa sono? I prodotti "parabens free" sono davvero più sicuri?

Introduzione

Con il termine “parabeni” si indica un gruppo di composti chimici usati dal 1930 come preservanti in ambito cosmetico, farmaceutico e alimentare (E214 - E219). I parabeni si trovano anche in natura (principalmente il metylparaben), in concentrazioni molto basse. Infatti sono presenti nelle carote, nelle olive, nei mirtilli, nelle fragole, dove fungono da antimicrobici.

Quindi, come si può ben immaginare, siamo tutti molto esposti a queste sostanze, soprattutto per l’elevato uso di prodotti cosmetici che li contengono.

Dal punto di vista chimico i parabeni sono degli esteri dell’acido para-idrossibenzoico, da cui deriva il loro nome.
Ne esistono molteplici, anche se quelli più usati sono il metile p-idrossibenzoato (INCI: methylparaben), l’etile p-idrossibenzoato (INCI: ethylparaben), il propile p-idrossibenzoato (INCI: propylparaben) e il butile p-idrossibenzoato (INCI: butylparaben).


I parabeni sono pericolosi?

Nel 2004 uno studio condotto da Darbre PD et al. ha dimostrato che una certa concentrazione di parabeni si ritrovava nelle cellule del tumore al seno, indicandoli come una possibile causa scatenante. Questo ha portato ad una riduzione della popolarità dei parabeni, tanto da spingere i governi ad introdurre dei limiti riguardo il loro uso nei cosmetici, e portando le industrie ad usare diciture fuorvianti (parabens free) come dimostrazione della sicurezza dei loro prodotti.
Ma è veramente così? I parabeni sono davvero così pericolosi?

Negli ultimi 20 anni sono stati eseguiti vari studi, sia in vitro che in vivo, che hanno valutato la tossicità dei parabeni. I risultati sono stati molto contrastanti.
Le attività tossiche, per le quali sono stati maggiormente studiati, sono rappresentate da quella estrogena e quella anti-androgena.

I risultati degli studi in vitro mostrano che i parabeni hanno una certa attività estrogena e anti-androgena attraverso vari meccanismi, e che questa attività tende ad aumentare con la lunghezza della catena alchilica laterale e con la ramificazione della stessa. Quindi l’ordine di attività sarà methylparaben < ethylparaben < propylparaben < butylparaben < isobutylparaben. Anche se, è importante precisare che, l’azione risulta essere da 1.000 a 1.000.000 di volte minore rispetto a quella degli estrogeni endogeni (es. estradiolo) normalmente prodotti dagli organi riproduttivi femminili. Inoltre l’acido p-idrossibenzoico (principale metabolita dei parabeni) non mostra alcuna attività in vitro.

Per quanto riguarda gli studi in vivo, anche qui viene confermata la capacità di esibire un’azione estrogena e anti-androgena (maggiore per il butylparaben) molto inferiore rispetto a quella dell’estradiolo. Per quanto riguarda invece l’azione dell’acido p-idrossibenzoico, ci sono degli studi che non mostrano alcuna attività e degli altri che invece mostrano una certa azione, anche se di molti gradi inferiore a quella dell’estradiolo.

Attualmente però non c’è alcuna prova, derivante da studi affidabili, che dimostra che questa attività possa in qualche modo favorire la generazione di un tumore, e la SCCS (Scientific Committee on Consumer Safety) considera il loro uso sicuro.

Un altro effetto collaterale che i parabeni possono causare è rappresentato da una reazione allergica rara, caratterizzata principalmente da dermatite.

Cosa prevede la legislazione europea riguardo l'uso dei parabeni nei prodotti cosmetici?

Sulla base dei risultati scientifici e in seguito alla crescente pressione pubblica, l’UE ha posto dei limiti massimi per l’uso dei parabeni nei cosmetici, revisionati anche dal SCCP (Scientific Committee on Consumer Products).

Nel 2006, la SCCP ha concluso che i parabeni a corta catena (methylparaben e ethylparaben) possono essere usati in maniera sicura fino ad una concentrazione dello 0,4 % per ogni singolo parabene, e ad una concentrazione totale dello 0,8 %. Mentre per le molecole di parabene a lunga catena (propylparaben e butylparaben) il limite massimo di concentrazione totale raccomandato è dello 0,19 %. Per gli altri parabeni (es. isopropylparaben, isobutylparaben, phenylparaben, ecc) non ci sono abbastanza informazioni in letteratura scientifica per poter dettare dei limiti di sicurezza, e quindi il loro uso è vietato.

Nel 2011 il governo danese ha deciso di bandire l’uso di alcuni parabeni (propylparaben e butylparaben) nei prodotti per bambini al di sotto dei 3 anni come misura precauzionale, dato che essi sono più suscettibili agli effetti collaterali dei parabeni, a causa dell’immaturità del loro sistema di metabolizzazione epatica e della maggiore facilità di attraversamento della barriera cutanea. 
La Commissione scientifica, valutando l’argomentazione del governo danese, ha concluso che la potenziale maggiore sensibilità dei bambini è già stata considerata nell’approccio precauzionale scelto e quindi l’uso dei cosmetici contenenti parabeni può considerarsi sicuro, nei limiti previsti, per i bambini di tutte le età. Precisando però che, per i bambini molto piccoli (età inferiore ai 6 mesi) bisognerebbe evitare l’uso di questi cosmetici nella cosiddetta “area pannolino”, dato che in questa zona la cute può facilmente irritarsi, e la pelle irritata aumenta ulteriormente l’assorbimento di queste sostanze.

Il claim "parabens free" indica che il prodotto è sicuro?


Le industrie cosmetiche ovviamente non si sono lasciate sfuggire l’occasione di sfruttare la confusione riguardo l’argomento a loro vantaggio. In quale modo? Usando il claim “parabens free”. All’apparenza è una frase del tutto innocua, vero? In realtà, come spesso accade per i cosmetici, è stato usato un claim fuorviante. Un consumatore quando legge su un prodotto “parabens free” è portato a pensare che il prodotto sia sicuro a prescindere, oppure addirittura è portato a pensare che il prodotto non contenga conservanti. Fateci caso, ogni qualvolta una sostanza viene posta sul banco degli imputati (il più delle volte in maniera ingiustificata) compare magicamente la dicitura “free” come a dire: “comprate il mio prodotto che è migliore degli altri”, anche se in realtà non sempre è così.

Ci sono numerosi preservanti che possono essere usati al posto dei parabeni, molti dei quali però sono sicuramente meno sicuri. Alcuni dei più comuni includono: il quaternium-15, l’imidazolidinyl-urea e la diazolidinyl-urea. Questi preservanti causano molto più frequentemente reazioni allergiche o problemi di salute importanti, dato che sono molecole che cedono formaldeide (sostanza cancerogena di tipo 1B). Tra gli altri ricordiamo l’estratto di semi di pompelmo (INCI: Citrus grandis seed extract), che è un preservante naturale che interferisce con l’azione di alcuni farmaci, andando ad inibire gli enzimi epatici (CYP3A4) adibiti alla loro metabolizzazione e aumentando quindi i loro effetti collaterali. Altri preservanti naturali includono: il timolo, la cinnamaldeide, l’allil-isotiocianato, l’acido citrico, l’acido ascorbico. Questi mostrano un’azione antimicrobica in vitro, ma i pochi studi effettuati per valutare l’attività antimicrobica sui prodotti alimentari danno risultati ambigui.
Invece tra i conservanti considerati sicuri ed efficaci, usati come alternativa ai parabeni, ci sono: i sorbati, i benzoati, il benzyl alcohol, gli olii essenziali, il dehydroacetate/dehydroacetic acid.


Però se proprio non vi fidate e volete consumare prodotti senza conservanti, allora vi conviene usare dei prodotti monodose, dato che loro non necessitano di preservanti per la loro conservazione.



FONTI:

Darbre, Philippa D. et al. "Endocrine disrupters and human health: could oestrogenic chemicals in body care cosmetics adversely affect breast cancer incidence in women?." Journal of Applied Toxicology 24.3 (2004): 167-176.

Darbre, Philippa D. et al. "Paraben esters: review of recent studies of endocrine toxicity, absorption, esterase and human exposure, and discussion of potential human health risks." Journal of applied toxicology 28.5 (2008): 561-578.

Kirchhof, Mark G. et al. "The health controversies of parabens." Skin Therapy Lett 18.2 (2013): 5-7.

http://ec.europa.eu/health/scientific_committes/consumer_safety/docs/sccs_o_041.pdf

http://ec.europa.eu/health/scientific_committes/consumer_safety/docs/sccs_o_069.pdf


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